Santa giovinetta (o Maria Bambina?)
- Appartenenza oggetto
- Proprio
- Categoria
- Scultura in legno
- Città
- Roma
- Luogo di conservazione
- Museo Nazionale del Palazzo di Venezia
- Luogo di collocazione
- Sala 5
- Inventario
- PV 02287
- Materia e tecnica
- Legno di tiglio/ scultura/ pittura/ doratura
- Autore
- Pietro Alamanno (doc. 1478) attr.
- Datazione
- sec XV, terzo quarto
- Dimensioni
- cm 169 x 47.5 x 38
- Provenienza
- Ufficio Esportazioni - Ditta D. Tartaglia (1920)
- Copyright immagine
- SSPSAE e per il Polo Museale della città di Roma
Descrizione breve
L'opera è giunta a Palazzo Venezia nel 1920. Mostra, su un piedistallo modanato solidale al resto, una figura femminile stante, caratterizzata da lunghissimi capelli che cadendo in morbide e ondulate ciocche coprono le spalle, impreziositi da una sottile corona intagliata a rilievo. Indossa una tunica blu a eleborati disegni in oro. D'oro è pure il mantello che le copre le spalle fino ai piedi, chiuso con la mano sinistra all'altezza del ventre. Vi fuoriesce l'altra mano, protesa in avanti in un gesto di accoglienza. Attribuita a una scuola tirolese degli inizi del Cinquecento e identificata con Maria Maddalena da Hermanin (1948), che la dice pervenuta al Museo con un acquisto del 1924, la scultura è stata inserita nell'ambito della scultura lignea campana con un'attribuzione a Pietro Alamanno (Bologna-Causa 1950), condivisa poi da Santangelo (1954), il quale però non accetta la generica definizione di Santa che lì compare interpretando la statua invece come Madonna Bambina, e poi da Carli (1960). Ora, se sul soggetto della scultura forse si deve ancora tornare, data l'assenza di attributi probanti e la rarità delle testimonianze del tema nella statuaria lignea, laddove invece il sontuoso vestito e il diadema farebbero pensare a una fanciulla di condizione propriamente regale, sul tipo della veneratissima santa Caterina d'Alessandria, appare invece assai convincente l'assegnazione dell'opera alla mano di Pietro Alamanno, di origine nordica ma attivo a Napoli, il cui nome compare nel 1478, accanto a quello del figlio Giovanni, in un contratto notarile dove Jacobello Pepe, "aromatario" del Duca di Calabria, commissiona loro un presepe composto da quarantuno figure in legno dipinto e dorato da collocarsi nella sua cappella nella chiesa di San Giovanni a Carbonara (oggi nel Museo Nazionale di San Martino). Le indagini tecnico-scientifiche condotte nel 2009 dall'IVALSA-CNR di Firenze hanno permesso di identificare il legno utilizzato che risultata essere quello di tiglio (Tilia sp.)
Bibliografia
F. Hermanin, Il Palazzo di Venezia, Roma 1948, p. 271; A. Santangelo (a cura di), Museo di Palazzo Venezia. Catalogo delle sculture, Roma 1954, pp. 72-73; F. Bologna e R. Causa (a cura di), Mostra di sculture lignee nella Campania, Napoli 1950, pp. 114, 136;E. Carli, La scultura lignea italiana dal XII al XVI secolo, Milano 1960, p. 116