Ercole e il leone Nemeo
- Appartenenza oggetto
- Proprio
- Categoria
- Scultura in terracotta
- Città
- Roma
- Luogo di conservazione
- Museo Nazionale del Palazzo di Venezia
- Luogo di collocazione
- Sala 20
- Inventario
- PV 13420
- Materia e tecnica
- Terracotta
- Autore
- Bandinelli Bartolomeo detto Baccio Bandinelli (1493-1560)
- Datazione
- Prima metà XVI secolo
- Dimensioni
- cm 53.8x43x32
- Provenienza
- Collezione Cavaceppi (1799); collezione Torlonia (sec. XIX, ultimo quarto); collezione Gorga (1948)
- Copyright immagine
- SSPSAE e per il Polo Museale della città di Roma
Descrizione breve
Nella vastissima raccolta di modelli presenti nello studio di Bartolomeo Cavaceppi è ricordato anche un "Ercole che uccide il Leone opera di Baccio Bandinelli" (Biblioteca Apostolica Vaticana, Ferrajoli mss. 974, 16, in Barberini 1994). Divenuta nel 1800 di proprietà del marchese Giovanni Torlonia, insieme a gran parte della collezione Cavaceppi, la terracotta fu poi acquistata all'inizio del XX secolo dal cantante lirico Evangelista Gorga e da questi ceduta al Museo di Palazzo Venezia nel 1948. L'opera ha subito alcuni danni che ne hanno minato l'integrità: Ercole ha perduto entrambe le gambe quasi per intero così come il braccio destro ed anche il leone ha le zampe troncate. Una profonda lesione in corrispondenza della bocca dell'animale mostra che l'interno della figura è completamente cava. Nonostante la frammentarietà del tessuto figurativo, la scultura non ha perduto la forte intensità espressiva e la robusta plasticità delle figure emerge ancora con grande efficacia: soprattutto Ercole, intento ad abbattere l'invulnerabile mostro inviato da Era in Nemea, sfoggia una muscolatura ben definita e fortemente caratterizzata in senso plastico. L'attribuzione ormai storicizzata a Baccio Bandinelli, oltre alla citazione ab antiquo nell'inventario Cavaceppi, trova un certo fondamento per i dati stilistici dell'opera nel contesto della produzione dello scultore fiorentino. Dopo l'esordio nel 1515 con la statua di San Pietro per il Duomo cittadino, nel 1520 Baccio si trasferì a Roma con l'incarico di scolpire una copia del Laocoonte per Francesco I: il marmo non venne mai inviato in Francia ma fu trattenuto da papa Clemente VII che lo destinò al palazzo Mediceo (oggi Uffizi). Il rapporto con la statuaria classica fu quindi centrale nella sua carriera ed anche un'opera emblematica come l'Ercole e Caco di piazza della Signoria (1525-1534), scolpito a pendant e in aperta competizione con il David di Michelangelo, palesa il debito del maestro nei confronti dell'antico. L'Ercole fiorentino, seppur con l'espressione piuttosto caricata in senso manierista, è dunque molto somigliante a quello di Palazzo Venezia per la barba folta, la bocca semiaperta, la fronte che si aggrotta creando due profonde rughe d'espressione. Ci troviamo probabilmente al cospetto di un'opera modellata per un esercizio accademico e quindi non concepita per essere tradotta in marmo o in bronzo, dal momento che le fonti antiche non citano alcuna scultura di analoga iconografia eseguita da Bandinelli nel corso della sua lunga attività. Tuttavia si deve parimenti prendere in considerazione l'ipotesi che la terracotta possa essere stata realizzata da un anonimo scultore attivo a Roma all'inizio del Seicento, sulla scorta delle numerose copie dall'antico modellate da Stefano Maderno, autore di una versione di Ercole e il leone nemeo conservata all'Hermitage di San Pietroburgo (inv. 79).
Cristiano Giometti
Bibliografia
M. G. Barberini e C. Gasparri, Bartolomeo Cavaceppi scultore romano (1717-1799), catalogo della mostra, Roma 1994, p. 118